sabato 23 luglio 2011

London by might | day 4

28 Giugno 2011

Le 7:00 arrivano con calma oggi, è come se la notte avesse deciso di farci riposare un po’ di più, infatti siamo – piedi a parte – più pimpanti dei due giorni precedenti, sarà anche colpa (o merito) dell’allenamento, chissà!
Colazione all’inglese che perde un altro adepto – me, cominciavo a sentire nostalgia del caffellatte – e via di slancio in metro diretti ad Earls Court!

Logan Place era per me il crown jewel di tutto il viaggio; l’ultima residenza di Freddie Mercury, il posto dove andare ad offrire la mia devozione ed il mio ultimo saluto al personaggio che mi ha portato a scoprire, amare e vivere la musica.
Scendiamo ad High Street Kensington e ci avviamo lungo una parte di Londra nuovamente diversa da tutte le altre incontrate finora. Case basse e viali stretti, un gran viavai di persone ed una marea di locali etnici (tantissimi italiani).
Attraversata Earls Court road, ed accompagnati dalla radiolina scassata di un muratore che dipingeva una parete al ritmo di “Message in a bottle” dei Police, giriamo l’angolo ed eccoci qua.
Adesso, non per fare il melodrammatico - gli altri miei compagni di viaggio possono testimoniarlo - ma il tempo trascorso dall’ingresso nella via, alla visita, all’uscita, non ha visto transitare nè una macchina, nè passare una persona a piedi in quel luogo, come se mi (ci) fosse stato dato il tempo di goderci quell’attimo.
È un posto tranquillo, nella via ci saranno 3-4 villette oltre a Garden Lodge (si chiama così la villa). Il perimetro è circondato da un muro di mattoni protetto da lastre di plexiglas per evitare spraypainting ed altri imbrattamenti, ma in ogni caso non ce ne sarebbe bisogno dato che tutta la zona è semplicemente immacolata. Solo un fogliettino tra il plexiglas ed il muro con su scritto (traducendo) “portate questi fiori a Freddie”, senza fiori sotto, e mi piace pensare che chi di dovere abbia provveduto a farglieli avere.
La mia visita non è stata niente di speciale: uno sguardo al tutto, un appoggiarsi con la mano al portone d’ingresso, una passeggiata lungo la facciata frontale, un saluto.
Va bene così.

Tornando indietro verso la metro veniamo irresistibilmente attratti da una vetrina di una pasticceria italiana in cui ritroviamo - finalmente! – il gusto di un espresso decente e di cornetti come Dio comanda. Soddisfatti, prendiamo la solita metro (che ormai conosciamo come le nostre tasche) per andare verso la Mecca dello shopping: Harrod’s!

Scendiamo a Knightsbridge e dopo un paio di centinaia di metri arriviamo ad uno degli ingressi dei grandi magazzini (anche se detta così sa un po’ di Renato Pozzetto...). Il palazzo è decisamente sontuoso, occupa un intero isolato ed ha addirittura una piattaforma per elicotteri sul tetto; all’interno c’è di tutto, dagli stuzzicadenti agli strumenti musicali, dai libri ai mobili... alle grandi firme, negozi dove trovare borse da 5.000 sterline e scarpe da 10.000. Nemmeno tanto stranamente, in questa parte di Harrod’s le uniche donne che compravano erano arabe, giovani ragazze con velo e borse Prada. A noi comuni mortali almeno il guardare comunque era concesso.
Usciamo abbastanza presto comunque, sinceramente tutto l’edificio non fa più tanta impressione, dato che al giorno d’oggi siamo praticamente circondati da centri commerciali che sono città nelle città. Ovviamente 50-60 anni fa era diverso...
rimane comunque una delle cose da vedere a Londra, e noi la spunta possiamo dire di averla messa.

Giusto perché abbiamo camminato poco in questi giorni (...), prendiamo ad ovest lungo Hyde Park ed in un paio di chilometri arriviamo alla Royal Albert Hall, uno dei massimi Tempi della musica Europea.
Sembra un panettone di mattoni rossi e marmi bianchi, sovrastato da una cupola in vetro, ed è esattamente quello che ti aspetti che sia un teatro di questa importanza e dimensioni: un grandioso spettacolo già soltanto a guardarlo.

Esattamente di fronte, e siamo già dentro Hyde Park, si trova l’Albert Memorial, una grandissima statua dorata raffigurante il Principe Alberto, marito della regina Vittoria. Posta dentro un baldacchino a guglie e circondata da 4 gruppi di sculture, noi seduti ai piedi di tutto il complesso sembravamo formiche ai piedi di un gigante.

PIOVE!

Fuggi fuggi verso la metropolitana di South Kensington, passiamo davanti Science Museum, National History Museum e Victoria and Albert Museum, tutti luoghi meritevoli di visita ma la pioggia ci dava dentro di brutto e preferiamo evitare e metterci al riparo.
Si avvicina l’orario di apertura di Temple Church (trovata chiusa alla nostra prima visita), quindi via in metro e arrivati in zona Temple ci sediamo a mangiare qualcosa fuori dato che nel frattempo aveva smesso di piovere.
Come non detto, riprende se possibile più forte di prima e troviamo riparo sotto un portico finché non si calma un tantino e cominciamo ad avviarci sullo Strand verso la chiesa, percorrendo a ritroso la strada fatta due giorni prima, ripassando davanti la Royal Courts of Justice e notando questa volta – cosa che ci era sfuggita al passaggio precedente – come di fronte si trovi la sede storica della Twinings! Il negozio al suo interno, ovviamente di solo té, è delizioso e ci sarebbe da lasciarci almeno un centinaio di Sterline... forse per questo decidiamo quindi di allontanarci il più velocemente possibile!

Arriviamo davanti Temple Church quindi e stavolta la troviamo aperta. Ingresso 3 £ ma glieli diamo volentieri, la chiesa è deliziosa, piccola e fondamentalmente divisa in due parti: la prima parte davanti l’ingresso di forma circolare, in cui trovano posto le tombe con le raffigurazioni dei cavalieri Templari, e la seconda parte di forma rettangolare in cui si trovano i banchi per i fedeli, il coro, ed il bellissimo organo (progettato da Christopher Wren, architetto tra le altre cose di St. Paul), non grande ma importante.
Inutile dire che abbiamo preso la scusa della pioggia per rimanere lì dentro più di mezz’ora.
Le tombe come detto sono poste appena dopo l’entrata, e le effigi raffigurate, a vederle da vicino, sembrano come volersi alzare da un momento all’altro, tanta è la vitalità che esprimono, e pensare che sono state poste lì quasi 900 anni prima fa un effetto davvero strano. L’atmosfera che si respira lì dentro in effetti è molto particolare, quasi mistica. Tutta la parete della prima parte di chiesa, quella circolare, è circondata da volti in pietra raffiguranti smorfie, mentre la seconda metà, quella più propriamente dedicata al culto, è circondata da vetrate mosaicate dipinte con immagini di templari, chiese in fiamme e santi con spade, mentre a fare da sfondo all’altare si trova una raffigurazione molto bella delle tavole della Legge.
Piccola curiosità, ogni bancone, ogni posto, aveva la sua Bibbia, molto bella e rilegata in velluto ed oro. OVVIAMENTE erano tutte al loro posto... ogni riferimento a noi Italiani è puramente voluto.
Dopo aver fatto dentro-fuori un paio di volte per vedere se avesse spiovuto, ed essere stato accolto ogni singola volta dalla vecchina/custode con un good evening che voleva dire “ha già pagato?”, andiamo via verso l’ultima destinazione della giornata.

Metropolitana direzione Moorgate e solita passeggiata per giungere in loco.
il loco in oggetto stavolta è Bunhill Fields, cimitero monumentale dove si trova sepolto, tra gli altri, lo scrittore William Blake.
Posso esprimere un desiderio? Voglio essere seppellito in un cimitero così, ecco.
Avete presente i cimiteri che si vedono nei film, quelli con lapidi antiche, statue di angeli, obelischi con teschi etc etc...? ecco. La descrizione è tutta lì.
Credo che sia la cosa più macabramente bella che abbia mai visto in vita mia.
I corvi e le colombe appollaiate sulle lapidi, l’aria satura di umidità, il selciato bagnato, l’erba umida di pioggia ed il suo odore inconfondibile, gli alberi che celano il pochissimo sole che filtra attraverso le nubi... e per concludere il tutto, un pianoforte bianco totalmente a disposizione dei visitatori che vogliono suonare per i defunti. Meraviglioso.
Caso vuole che mentre sto osservando la tomba di Blake e quella bellissima di John Bunyan, mi si avvicini un uomo in jeans e camicia bianca, mi passi accanto, posi la bici accanto al pianoforte... e cominci a suonare. Ecco, credo che in quel momento io abbia raggiunto la pace interiore.



Abbiamo ancora un po’ di tempo oggi, e dato che sono quasi le 17 e siamo in tema... avevamo un té in sospeso nel cafè-in-the-crypt a St. Martin in the Fields!
Ritorniamo a Trafalgar Square che sono proprio le 17, e ci infiliamo – è proprio il caso di dirlo – sotto la chiesa, dentro la cripta.
Il locale è molto particolare ovviamente, con soffitto a volte in mattoni sorretto da travi in pietra chiara. L’illuminazione soffusa ed il sapere di essere nella cripta di una chiesa contribuisce a creare un’atmosfera decisamente affascinante.
Dopo il rilassante té, facciamo una capatina nel negozio di souvenirs che si trova al piano di sopra e poi fuori, destinazione hotel.

È la nostra ultima sera a Londra, ci vuole dunque una cena speciale!
Avevamo adocchiato, sempre nella nostra zona, un ristorantino Greco che ci ispirava particolarmente, e dunque decidiamo di passare lì l’ultima cena Londinese.
Tra una moussaka ed una pita intinta in panna acida, la serata scorre via in maniera piacevole seppur con un fondo di malinconia portata dal pensiero che domani alla stessa ora saremmo stati a casa nostra.
Forse per questo motivo il ritorno in hotel è stato più lento di passo del solito, e la preparazione delle valigie è avvenuta in un silenzio quasi dispiaciuto.
Il sonno comunque è arrivato lo stesso, così come è arrivato ahimè l’indomani.

London by might | day 5

1 commento:

Pseudo ha detto...

Quasi quasi anche a me è venuta la foscoliana voglia di farmi seppellire lì. Basta che ogni tanto passi di là Sakamoto e mi suoni Forbidden Colours :P