giovedì 21 luglio 2011

London by might | day 2

26 Giugno 2011

Sveglia alle 6:30 e tutti giù in sala colazione per poter provare il tipico English Breakfast (vedi foto):



fagioli, uovo, salsiccia, bacon, pomodoro (o hashbrowns, in pratica una polpetta di patate), tutto innaffiato ovviamente da tè inglese. Aspettate a dire “che schifo!”, perché si è rivelato tutto piacevolmente buono e sostanzioso (e direi!), nonché capace di trasportarci agevolmente verso le 14:00, e di movimento come vedrete ne abbiamo fatto! Ah, dimenticavo l’immancabile imbevibile caffè all’americana... ecco, adesso potete pure dire “che schifo!”.

Usciti dall’hotel ci dirigiamo verso la metro, direzione Buckingham Palace. Decidiamo di scendere a Victoria Station, anche se la fermata più vicina era quella di Hyde Park Corner, ma essendo in anticipo decidiamo di farci una camminata – dacché eravamo ancora belli freschi e riposati - lungo le mura dei giardini del palazzo. Durante la passeggiata lungo Constitution Hill veniamo raggiunti e superati dalla guardia a cavallo per cui acceleriamo il passo per arrivare davanti i cancelli in tempo.
Essendo domenica il traffico era chiuso, di conseguenza il colpo d’occhio è stato splendido: I cancelli di Green Park, Buckingham Palace, il Queen Victoria Memorial al centro della piazza, St. James’s Park di fronte, e sullo sfondo, in lontananza, il Big Ben ed un accenno di London Eye. Sì, siamo a Londra.
C’è gente ma non troppa, per cui riusciamo agevolmente a spiaccicarci ai cancelli d’ingresso – bellissimi in nero e oro – in attesa dell’arrivo del cambio, che non si fa attendere nemmeno troppo. Curioso notare come da lontano le guardie sembrino realmente dei soldatini di piombo, immobili e marziali. Visti da vicino riacquistano una dimensione più umana ed anzi, vedere dei giovanissimi inglesi (alcuni sembravano appena diciottenni) conciati – in senso buono – a quel modo, rende visivamente al meglio quel senso di dedizione alla Union Jack che si sente quasi fisicamente in quei posti.



finito il cambio delle guardie a piedi e pensando - mea culpa - che quello delle guardie a cavallo fosse da tutt'altra parte, ci incamminiamo per St. James's Park, che è proprio di fronte al palazzo, al lato opposto del Green Park. Dopo aver comprato un paio di bibite al chiosco, ed imprecando perchè non mi veniva in mente come si dicesse "cannucce" (straws, per la cronaca) facendomi prendere per muto che mugugna gesticolando, ci avviamo lungo il laghetto del parco – perdendoci il cambio della guardia a cavallo, di cui arriviamo a stento a sentire i tamburi in lontananza -, tra anatre che nuotano e scoiattoli che letteralmente ti saltano in braccio per prendere il cibo che gli offri. Dopo esserci resi conto che quattro ultratrentenni che vanno appresso agli scoiattoli urlando "che cariiiiiiiiiini" dopotutto non sono uno spettacolo molto edificante, usciamo dal lato sud del parco, non prima di aver fatto un paio di foto vicino al curatissimo giardinetto fiorito che costeggiava questo lato del parco. Nota di cronaca: le panchine in legno del parco, TUTTE, non avevano né una scritta, né tantomeno erano divelte o rovinate, sembravano messe lì il giorno prima; qui da noi è già un miracolo se durano due giorni.

Direzione Westminster Abbey. Più o meno a metà strada tra il parco e l'abbazia, si passa proprio davanti Scotland Yard, palazzone in vetro con tanto di insegna rotante (e sì, è esattamente uguale a come viene disegnata in Dylan Dog). Un paio di vie più in là c'era pure il n°10 di Downing street (casa del Premier) da vedere, ma onestamente ci è sfuggito e pazienza. Poco prima di Westminster ci capita di passare davanti ad una tipica cabina del telefono Londinese (quelle rosse per intenderci, anche se poi in effetti in zone non centrali ce ne sono anche di blu e nere), e da turisti DOC non potevamo NON farci una foto.

Attraversiamo la strada e ci ritroviamo di fronte Westminster Abbey. Da lontano fa impressione, ma avvicinandosi devo dire che non sembra poi grandissima, colpa forse della piazza antistante che non è per niente ampia per come meriterebbe una tale facciata. L'ingresso è a pagamento, ed oltretutto quel giorno (domenica) si poteva entrare solo per le funzioni religiose, quindi ci limitiamo a guardarla da fuori; se davanti è bella, vista di lato è splendida, sulla sinistra c'è un'entrata con un portone e dei fregi superiori meravigliosi.
usciti dalla parte posteriore seguendo i giardini che costeggiano l'abbazia, esattamente dall'altro lato della strada ci troviamo di fronte The Houses of Parliament ed il Big Ben.

L’impressione è quella di stare di fronte ad un cartonato 3D a grandezza naturale. Sarà il fatto di averli visti sempre e solo in foto, depliant, schermi e TV, tutto il complesso sembra quasi finto. Ma ammazza se è vero! Ciò che stupisce è la facciata della House of Parliament - rifinitissima ed imponente con le sue centinaia di finestre e colonne che rimandano lo sguardo in alto fino alle torri ed al cielo – davanti cui trovano posto le due statue di Cromwell e Riccardo Cuordileone; anche qui i cancelli sono rifiniti in oro su sfondo nero, ed il Big Ben è pieno di scritte dello stesso tipo. Nero e oro anche qui come per i cancelli di Buckingham Palace dunque. Il Big Ben è sistemato subito alla sua sinistra (per chi viene da Westminster) e devo dire che sentirlo suonare è un gran piacere, d’altra parte quello è L’OROLOGIO per eccellenza mica per niente. Il complesso nel complesso (scusando la cacofonia del tutto) è semplicemente maestoso.



A poca distanza da lì si trova la Tate Gallery, ma per dimenticanza e/o esubero di cose da vedere (fate vobis), l'abbiamo saltata a piè pari.
Ci avviamo così oltre il Big Ben in direzione London Eye, esattamente dall'altro lato del Tamigi. Non prima però di aver notato nella piazza di fronte - proprio sotto la statua di Churchill - un uomo di mezza età, solitario contestatore della corona accampato lì da chissà quando, cartello inneggiante alla repubblica, tenda da campeggio vecchia quanto lui, barba lunga grigia e cappello da baseball d'ordinanza. Lo lasciamo al suo credo e cominciamo ad attraversare attraverso il Westminster bridge il marrone Tamigi (dire semplicemente sporco non rende assolutamente l'idea. Peccato), accompagnati dallo scocco del quarto d'ora del Big Ben che ci porta alla fila mostruosamente lunga per salire sul London Eye. Sapevamo che se avessimo voluto salirci avremmo dovuto fare fila ma credetemi, lì c'erano ALMENO due ore da perdere sotto sole, folla e caldo. Decidiamo quindi con rammarico di lasciar perdere, e mentre gli passiamo accanto, costeggiando una sfilza di ristorantini e fast food, ci accorgiamo che quantomeno la ruota è proprio bella anche se vista solo da sotto. Tiriamo dritto dunque in direzione del Waterloo bridge che ci riporterà sul lato nord del Tamigi, attraversando un parco non grande, ma pieno di artisti di strada che fanno rumore, confusione, folklore e tanta allegria. Ah, c'è pure la giostra come quella dei carillon!

Non appena riattraversato il fiume ci fermiamo in un fast food vicino la stazione della metro di Charing Cross (dopo aver vanamente tentato di entrare in un bagno pubblico, essendo sprovvisti di monete adatte alla macchinetta che c'era all'ingresso... e dopo aver lanciato la prima maledizione all'indirizzo della precisione e dell'ordine Inglese); il tempo di dare un po’ di riposo a piedi e gambe e via, in direzione Trafalgar square.

Due fontane gemelle e l'obelisco centrale ci accolgono appena arrivati, ma veniamo subito rapiti dalla visione della National Gallery che si trova proprio sulla piazza, e dalla chiesa di St. Martin in the fields che abbiamo costeggiato per arrivare lì. La seconda - che ospita un locale all'interno della cripta (chiamato appunto "cafè in the crypt") in cui è d'obbligo per ogni buon turista che si rispetti prendere il té alle 17 pena la scomunica sia papale che regale - è chiusa e quindi decidiamo di ritornarci più tardi o un altro giorno, la prima invece è aperta ed è pure ad ingresso libero, quindi entriamo.
Dopo essermi assicurato che lì dentro foto NEIN ("we don't love to, but thanks for asking" è stata la cortesissima risposta), cominciamo ad avviarci per le sale con occhio rapito e - ahimè - passo spedito.
Come il British museum di cui vi parlerò più avanti, la National Gallery è un luogo in cui passarci giorni interi, non due ore; ma come già sapete, il tempo non ci era amico quindi via su, niente chiacchiere e camminare!
Inutile cercare di descrivere le bellezze che si trovano appese in quelle pareti, l'unica è vederle. Vedere un Van Gogh da vicino, o certe tele di autori (ovviamente PER ME) sconosciuti, ti lascia semplicemente a bocca aperta.
In breve, dopo aver fatto la staffetta tra epoche ed autori di ogni secolo, facciamo tappa obbligata al negozio di souvenir che si trova al piano interrato, spendiamo un decimo di quanto avremmo voluto spenderci dentro ed usciamo.

A distanza di cammino c'è Piccadilly Circus, verso cui ci dirigiamo trovando nel frattempo il tempo di fermarci in un negozio – il Whittard of Chelsea - specializzato in tè ed infusi vari, molto caratteristico ed anche lì pieno di cose da vorrei-ma-non-posso comprare (più che altro per via delle dannate restrizioni sui bagagli in aereo). Però qualcosina l'abbiamo comprata lo stesso, tiè!
Piccadilly Circus è proprio come ci se la immagina: un gran casino. La statua di Eros (o Anteros, secondo me non lo sanno nemmeno loro) domina una piazza piena di gente, di auto, di pubblicità. In maniera alquanto strana, è uno dei posti più rappresentativi di Londra che meno rappresenta Londra, almeno secondo me.

Sono già quasi le 18 e la nostra prossima tappa, Hamleys – il negozio di giocattoli più grande di Londra – la domenica chiude proprio a quell’ora, ma da dove siamo noi imboccare Regent Street è un attimo quindi decidiamo di provarci ugualmente, anche perché c’è una via parallela che a me interessa moltissimo.
Come volevasi dimostrare Hamleys è già chiuso, pazienza, ci torniamo l’indomani, quindi attraversiamo la strada, guardiamo la vetrina del grandissimo Apple Store che c’è di fronte e ci infiliamo in Savile Row, destinazione N° 3. Questa via alla stragrande maggioranza delle persone può non dir niente, anche se di per sè è una via storica, dato che è praticamente una taylor street, una via praticamente SOLO di sartorie, molte delle quali forniscono pure divise alla corona. Il numero 3 però dice molto ai fanatici come me dei Beatles, essendo stata la sede della Apple Corp., la loro casa discografica, nonché il luogo dove tennero il loro ultimo concerto, sul tetto, il famosissimo Rooftop Concert! Il palazzo in sé per sé non è niente di speciale, ed è pure disabitato, ma è il luogo che conta, non l’edificio. In ogni caso, foto e via!

Dopo esserci guardati in faccia ed aver visto nei nostri occhi la distruzione, decidiamo che per oggi può bastare così, dunque metro e tutti in hotel. Riposate gambe e cervello, usciamo per cenare. Nella nostra zona i pub non mancano, entriamo dunque al “The Sussex Arms” dove veniamo a sapere che di solito le cucine dei locali chiudono tra le 21:30 e le 22:00, abbastanza presto quindi. Buono a sapersi per i prossimi giorni.
Cena a base di fish and chips – con un fish decisamente ENORME - e birra (ci sembrava quantomeno doveroso), e poi tutti a letto.

London by might | day 3

3 commenti:

Unknown ha detto...

Excellent ;^)

Pseudo ha detto...

Sigh...
You make me dream!

Unknown ha detto...

risogno tutto ogni volta che rileggo :-D