mercoledì 24 novembre 2010

33


Cosa si scrive quando si compiono gli anni? I ringraziamenti agli auguri ricevuti, certo; ma dato che sto scrivendo quello che sto scrivendo prima che abbia avuto modo di riceverne, devo trovare qualcos’altro.

Potrei scrivere di tante cose: di come ogni anno vorrei compiere 20 anni, della bellezza del bacio di Lisa dato la mattina del compleanno (che NO, non è lo stesso degli altri giorni), della inevitabile malafigura che accucchierò quando mia madre verrà in agenzia dove lavoro a farmi gli auguri FORTISSIMO, oppure ancora del fatto che fino ad una certa età (da piccolino insomma, mica da 20enne!) ho sempre pensato che il mio compleanno fosse un giorno speciale per tutti, mentre poi mi sono reso conto che chi andava a lavorare continuava a farlo tranquillamente, chi non mi conosceva non mi fermava per strada per farmi gli auguri ed, in definitiva, niente fuochi d’artificio in Piazza Europa insomma.

Però ripensandoci, mi sa che è proprio di ringraziamenti che devo parlare. Ma non quelli per il compleanno, quelli ve li farò ad uno ad uno; questi sono i miei ringraziamenti per una cosa che fate sempre nei miei confronti, ogni giorno ed ogni attimo della mia vita.

ESSERCI.

Perciò grazie.

Grazie perchè non ho ancora ben capito il motivo per cui qualcuno/a dovrebbe decidere volontariamente di essere amico/a di una persona fondamentalmente tendente alla misantropia come me, e nonostante ciò mi dona il suo tempo, il suo sorriso, e la sua mano quando la chiedo. Grazie anche a questo stesso qualcuno, perchè chiedendo il MIO tempo, il MIO sorriso, e la MIA mano, mi accorda una fiducia che io stesso certe volte non mi darei.

Grazie a chi negli anni ha avuto la voglia e la gioia di condividere con me la propria passione per la musica; mi ci vorrebbero un centinaio di righe solo per voi, ma mi limito a dirvi che è stato, è, e continuerà ad essere un onore passare del tempo con tutti voi.

Grazie alle persone che ho conosciuto negli ultimi due anni, voi sapete chi siete, non c’è bisogno che vi nomini. Siete, dopo mio figlio ovviamente (ma penso proprio che non ve la possiate prendere a male, giusto?), la cosa più bella e felice che possa succedere ad un essere umano.

Grazie alle persone che conosco da sempre, e che per le mille circostanze della vita di ognuno di noi non riesco a frequentare come si converrebbe tra persone che hanno diviso tante di quelle risate (e di quell’alcool, ma sssssssshhhh, io non ho detto niente!) che basterebbero a colmare un paio di esistenze; è come se con voi avessi SEMPRE in sospeso una bevuta, e tante volte ammetto che mi manca il non poterla fare. L’invito è sempre valido … ma SOLO se si paga alla romana ovviamente!

Grazie infine alle due persone che dividono la propria vita con me. Aprire la porta di casa e rivedervi dopo una giornata di lavoro è l’unica cosa che chiedo in regalo per il resto dei miei giorni. Solo per voi varrebbe la pena viverne altre mille, di vite così. Vi amo.

Grazie infine a tutti, nessuno escluso, per aver avuto la voglia di dedicare un minuto della vostra vita a leggere quanto ho scritto.

Io penso che lo scopo della vita di un uomo sia lasciare un ricordo di sé dentro gli altri. I grandi uomini restano immortali per le opere e le gesta, tutti gli altri possono solo sperare che ci si ricordi almeno per un po’ di loro. Io non pretendo niente di tutto questo, ma mi sono sempre dato una missioncina piccola piccola che in fondo facile non è: lasciare sempre che le persone mi dicano “ciao”, o “arrivederci”, o anche “addio”, dedicandomi un sorriso.
Questa è la mia felicità, questo il mio scopo, questa la mia speranza ed il mio buon proposito per gli anni a venire, sperando di rivedervi TUTTI, anno dopo anno, sorriso dopo sorriso.

E adesso, finalmente, è proprio l’ora dell’ultimo...

...GRAZIE.

sabato 11 settembre 2010

how to play


Io non so più correre non so più scrivere a stampatello non so più come si gioca a taratatà non so più costruire un carrettino non so più fare senza pensare non so più tirare con la fionda non so più gridare negli androni dei palazzi non so più scegliere le pietre che arrivano più lontano non so più raccogliere le lucertole non so più suonare i campanelli e scappare non so più salire tre gradini per volta non so più far scoppiare petardi non so più camminare senza toccare le righe delle mattonelle non so più scrivere per terra coi gessetti non so più saltare recinzioni delle aiuole non so più fare aeroplanini di carta non so più sparare ceci con la cerbottana non so più camminare guardando per aria non so più prendere in pieno le pozzanghere con la bici non so più farmi i rifugi con le scatole di cartone non so più fare castelli di sabbia non so più ritagliare sagome di animali non so più fare ombre cinesi non so più leggere Topolino non so più stare in piedi sull’altalena non so più risalire lo scivolo non so nemmeno più cosa altro non so fare...

però la voglia di fare tutte queste cose ancora mi resta. Sono grave?

sabato 31 luglio 2010

freedom's never free



La città va in vacanza. Io no.

L'immagine del ponteggio fermo, vuoto, che ho davanti l'entrata dell'agenzia rende benissimo l'idea della fuga dalla quotidianità che avviene nei fine settimana d'estate.

C'è una farfalla che mi vola davanti la finestra, chissà se mi prende in giro o se vuole soltanto ricordarmi che, tra circa due ore, un giorno e mezzo di libertà ce l'avrò anche io? Lei intanto passa davanti a tutte le finestre a ricordare a chi la guarda da dentro, che di libertà VERA nessuno può fregiarsene se non lei. Che poi viva dieci giorni o qualche mese al massimo, a lei sembra non importare, e chi sono io per rovinargli la vita ricordandoglelo?

Vola dunque finchè puoi, che in quei dieci giorni sarai più invidiata tu di quanto sarò invidiato io in tutta la vita.

mercoledì 14 luglio 2010

cover #3: The Beatles - Eleanor Rigby

Ed eccola qua! Poche parole oggi per presentare quello che vi avevo anticipato ieri. La cover è pronta ed è ascoltabile qui sotto, quindi premete play ed enjoy yourselves!

P.S.: Se volete saperne un pò di più sulla genesi della registrazione di questo pezzo, potete leggere il mio post di ieri proprio sull'argomento.

martedì 13 luglio 2010

unveiling the cover



Eh sì, come potete vedere dall'immagine introduttiva, l'ho fatto di nuovo. La nuova cover misteriosa (uuuhhh) non è altro che un altro pezzo dei Beatles. Mi ero ripromesso di non coverizzare più di un pezzo per gruppo, però questa canzone mi ha sempre affascinato, ed avevo intenzione di renderla un pò mia, offrendovela in una versione senza dubbio inusuale, ma che spero vi piacerà.

Eleanor Rigby (già, il pezzo è questo, non ve lo avevo ancora detto) è una canzone splendida, triste, semplice ed ha la particolarità di possedere una melodia che si presta ad essere ingentilita o incattivita alla bisogna, senza forzature e senza snaturare armonia e messaggio del testo.

Quello che ne è venuto fuori è una reinterpretazione DECISAMENTE diversa dall'originale (che, per quei 2/3 che non la conoscono, è registrata solo archi + voci): calma, calmissima, persino più lenta e minimalista dell'originale all'inizio, esplode in seguito riempiendosi di chitarre e, soprattutto, hammond distorto (che per me è sempre una goduria). Giusto per non eliminarli completamente dal pezzo, ho lasciato al ritornello finale l'inserimento degli archi, in modo da riprendere un pò il mood originale del pezzo... ehm, solo aggiungendoci la doppia cassa sotto :-D

La registrazione mi ha preso un bel pò di tempo dato che, come mio solito, mi sono preso la briga di registrare, suonare, cantare e mixare tutto da solo. L'unica concessione esterna che mi sono permesso riguarda la parte dell'assolo, che ho affidato ad una persona che come me adora i Fab Four, e cioè Gaetano Fontanazza. Ho voluto proprio lui come ospite perchè insieme ci ho suonato dal gospel al punk (senza contare il fatto che lui, di suo, prevalentemente suona ambient), ma mi mancava di sentirlo cimentarsi in un assolo VERAMENTE HEAVY. Ovviamente non mi ha deluso, ANZI!

Ultima nota dedicata alla copertina del singolo: L'immagine non è altro che il particolare di una foto della statua che si trova a Liverpool, dedicata proprio ad Eleanor Rigby.

La canzone potrete sentirla a giorni, giusto il tempo di caricarla su Youtube. Vi accorgerete quando sarà fatto, dato che vi TEMPESTERO' di notifiche :-D

giovedì 8 luglio 2010

wiping the dirt


Era da un bel pò di tempo che non registravo una cover, così come era da un bel pò di tempo che avevo in mente di registrare QUESTA cover, quindi mi sono deciso, ho fatto 2 + 2, ed il risultato sta venendo fuori proprio in questi giorni. Come le altre cover, ho deciso di non riproporla in maniera fedele all'originale, vuoi perchè l'originale era difficile da riproporre in quella veste, vuoi perchè l'ho sempre avuta in mente nella maniera che ascolterete, DECISAMENTE più "alla Luca".
Anche per questo pezzo ho voluto un ospite che desse una mano dove una mano era necessaria, e la scelta della persona in questione non è stata per niente ardua, dato l'amore per questo gruppo che lega entrambi; infatti non appena gliel'ho proposto, mi ha risposto di sì senza nemmeno pensarci.

Ma, in definitiva, che canzone è? E chi è l'ospite? E quando la potrete ascoltare?

La risposta alla prima domanda la potete trovare in un paio di indizi che ho lasciato nel post, l'ospite ve lo svelerò quando sarà pronto il pezzo. Quando la potrete ascoltare? Beh, devo trovare il tempo di registrare le tracce di voce, il resto è già tutto pronto, voi dovete soltanto aspettare alla finestra per un altro pò.

mercoledì 23 giugno 2010

cover #2: The Beatles - Helter skelter


Seconda delle mie (finora) 3 cover che ho registrato ad uso e consumo di me medesimo, Helter Skelter è sicuramente la canzone che mi ha preso meno tempo in fase realizzativa; voglio dire, il pezzo era già lì bello pronto ed arrangiato dai Beatles: potente, cattivo, serrato. Dal canto mio ho soltanto incattivito un pò tutto, dal riff, alla batteria, al mood generale.

Però mi mancava qualcosa: un assolo degno.

Io, che chitarrista non sono, a malapena sono riuscito a mettere su la base ritmica, ma per l’assolo non ci ho neanche voluto provare. Al che ho chiesto a colui il quale ritengo uno dei migliori chitarristi “who ever grace God’s green earth”, l’unico, il solo, l'incommensurabile Antonio Soncina, e lui cosa ha fatto? Non solo mi ha detto di sì, ma nel giro di un pomeriggio di assoli me ne ha mandati non uno, ma due! E così, buttando tutto nel pentolone e dando un paio di colpi di mestolo, è uscito fuori quello che potete ascoltare sotto.

P.S.: ad Antonio ho promesso di registrare la voce in un paio di suoi pezzi... e spero/prometto/giuro che prima o poi (spero PRIMA) lo faccio!


sabato 5 giugno 2010

review #01 | Pain of salvation - Road salt one (2010)


Ogni tanto vi posto qualche opinione su dischi che reputo meritevoli, non penso vi dispiaccia, no?

Quello di cui vi parlo adesso è sicuramente il mio primo candidato a disco del 2010, anche se siamo ancora a Giugno. I Pain of Salvation, per chi non li conoscesse, nascono come gruppo Prog Metal nel 1997 ma, album dopo album, il loro sound comincia a diventare sempre meno definibile fino ad arrivare a questo Road Salt One, disco in cui (finalmente, dico io) perdono del tutto l’accezione di metal band.

Sono sicuro che questo lavoro deluderà tantissime persone, dato che ormai i tempi di Entropia o The Perfect Element sono andati, e di molto!
Chi invece non ha i paraocchi si troverà davanti un disco splendido, assolutamente vissuto e da vivere, pieno di sfumature e ripieno di amore per i mai troppo rimpianti seventies.

Parlare in generale di un album così è impossibile, perciò mi butto in un track-by-track che spero abbiate la fortuna di seguire con l’album in sottofondo:


No way – già dall’inizio si capisce come i “nuovi” PoS abbiano un approccio differente al sound, seppure questo sia uno dei pezzi che più richiama il “vecchio stile”: pianoforte in battere e riff pesante in accompagnamento, ma stavolta c’è qualcosa di diverso. La distorione è leggera, la batteria è quasi senza riverbero, il tambourine diventa non sostegno ma base portante ed il basso col fuzz sporca e riempie. La melodia vocale, quella sì, è tipico stile PoS. Ti si stampa in testa e non se ne va più. Come sempre geniali nel break di tre quarti di pezzo, in cui gli strumenti seguono la voce sincopata eliminando di fatto la scansione del 4/4.


She likes to hide – prima incursione nei ’60; il pezzo sembra uscito da una jam tra Hendrix e Lennon, un blues un pò acido, ripieno di hammond e stacchi come piace a me. Testo decisamente Beatlesiano.


Sisters – la perla del disco. Un lento evolversi di una melodia malinconica da carillon triste, intervallata da un bridge che ha un nonsochè di Ryuichi Sakamoto, che pian piano cresce in intensità, mentre la voce di Gildenlow sfoga l’angosciosa rabbia in mezzo a cori che sembrano usciti da una colonna sonora di Morricone. Semplicemente da brividi.


Of dust – quasi un intermezzo di poco più di due minuti, basato su un unico giro armonico. Siamo dalle parti di “BE” (un loro precedente album). Anche qui grandiose le armonizzazioni vocali.


Tell me you don’t know – tra le mie preferite del disco. Si ritorna dalle parti dei Beatles (di firma McCartney stavolta però) con un blues allegro che ti fa muovere il piede sin dall’inizio. Il giro di accordi è sempre quello fin dagli anni ‘40 ma chi se ne frega, c’è più anima in questo pezzo che in tutta la discografia di Zucchero (per citare un bluesman-wannabe).


Sleeping under the stars – pezzo stranissimo. C’è dentro di tutto: Pink Floyd, Procul Harum, musica da circo... ci sento dentro pure Capossela, quindi figuratevi! L’inizio “circense” ed il cantato in doppia voce bassa/falsetto isterico fanno sembrare la canzone un divertissement, ma continuando con l’ascolto ci si accorge che il pezzo è decisamente molto più di quel che sembra. La parte centrale se possibile è ancora più strana, in pratica una decomposizione armonica del giro portante che bisogna sentire per capire. Il tutto, testo compreso, sembra una filastrocca della buona notte, anche se DECISAMENTE inquietante. E’ sicuramente tra i pezzi dell’album quello più facile da ricordare, e mica è un male.


Darkness of mine – sicuramente il pezzo meno riuscito del lotto. Una sorta di paesaggio sonoro raffigurante l’oscurità interiore. La melodia rarefatta non sarebbe neanche male, così come la sferzata dell’inciso, ma il tutto risulta troppo dilatato e poco coinvolgente.


Linoleum – primo singolo estratto dall’album, decisamente ingannatore. E’ infatti l’unico pezzo che rimanda al passato dei PoS, seppur alleggerito. Vivace, strofa in levare, bel ritornello, costruito a pennello insomma. come sempre ottima la prova di Daniel al microfono, capace di passare dal dolce al graffiato con una naturalezza che in pochi hanno.


Curiosity – veloce, diretto, tagliente. Strofa smorzata e ritornello alla carica, è un pezzo che si fa ricordare subito. Di solito è un male, dato che le canzoni con queste caratteristiche stancano presto, ma a me ancora non è successo, e qualcosa vorrà pur dire, no?


Where it hurts – inizio con un piccolissimo reprise di “sisters” che porta ad una melodia ed un’atmosfera che sanno tanto di “The wall”. Sofferto nell’interpretazione e nell’incedere, con un utilizzo riuscitissimo del Leslie nella voce, riesce a calarti nel tormento che vuole trasmetterti; il lungo respiro che inevitabilmente farete a fine canzone vi farà capire che il pezzo è andato a segno.


Road salt – Rhodes, Mellotron, Hammond, Voce, Stop. Potrei anche chiudere qui la descrizione del pezzo, ma sarebbe un’offesa ad una delle melodie più belle che abbia sentito in questi anni. Testo splendido, pieno di dubbi sui percorsi che si intraprendono nella vita, cantato e sentito da Daniel in maniera superba. Da ascoltare sdraiati e con gli occhi chiusi.


Innocence – pezzo conclusivo che si avvicina a certe cose di “Remedy Lane”, loro lavoro del 2002. Strofa calma che pian piano arriva ad un ritornello assolutamente spiazzante, che allunga l’unica parola del ritornello per tutta la durata dello stesso, sottolineandola soltanto con un reprise delle parole del bridge. L’effetto è abbastanza ipnotico e ad un primo ascolto anche un pò cacofonico, ma rientra tutto a posto già dalla seconda volta che lo si ascolta. Nel complesso finale un pò sottotono comunque.


In definitiva, è da un mese che ce l’ho nel lettore, e non vedo perchè non dovreste concedergli un ascolto, quindi chiudete questa pagina e procuratevelo SUBITO!