domenica 13 maggio 2012

losing time

fare le cose per gli altri non fa per me

non fa per gli altri fare le cose per me

è tempo perso



fa per gli altri fare le cose per gli altri

fare le cose per me fa per me

ci ho perso tempo

sabato 12 maggio 2012

black n°7 [haiku]



ramo spoglio.

    un corvo solitario.

                   nero presagio.


venerdì 11 maggio 2012

hung out to dry

Appeso come un panno messo ad asciugare. Goccioli giù, attirando maledizioni da chi passa sotto. Metti ansia in chi ti ha steso, se appena nota una nuvola in cielo che si avvicina. Cerchi calore dal sole, e rabbrividisci ad ogni alito di vento che sfiora il tuo corpo bagnato.

E l’attesa del momento in cui puoi definirti asciutto sembra non finire mai.

giovedì 10 maggio 2012

rain o’er me

Il primo temporale d’autunno.

Lo sento soltanto, sono lontano dalla finestra e mi basta anche solo il rumore. La visione della pioggia l’avrò in abbondanza da oggi in poi, per cui mi godo il silenzio interrotto dalle gocce – tante gocce – che cadono, sbattono e bagnano tutto, senza fare distinzione di sesso, razze, materiali, superfici, colori, tessuti, calde anime e fredde cose.
Vien voglia di uscire per essere parte del tutto, per farsi bagnare come tutto il resto.

Non si può.

C’è da fare.

Verrà il tempo.

Verrà un altro tempo.

Verrà un’altra pioggia.

E sarà anche mia.

mercoledì 9 maggio 2012

a moment of clarity

Ci si apre e ci si chiude.
Alle sensazioni, agli avvenimenti, alle intemperie, alla fortuna e a sua sorella, ai gesti ed ai comportamenti, financo al fato ed alla fede.

Aprirsi ad una cosa spesso è piacevole tanto quanto chiudersi ad un’altra. Inutile dirlo, è vero anche il contrario.
Dipende dal momento.

Aprirsi o chiudersi ad una stessa cosa a volte può essere una gioia o un dolore.
Dipende dal momento.

Può essere una gioia ed insieme un dolore l’aprirsi o il chiudersi a qualcosa?
Dipende dal momento.

Ma può un momento dipendere dal momento?

Ci si può aprire ad un momento?
Ci si può chiudere ad un momento?

Oppure è il momento che decide?

Immagino che la risposta sia “dipende”.

Da cosa non l’ho ancora capito però.

martedì 8 maggio 2012

mortar grind

Come schiacciato, pesto, triturato a grana fine

trascinato da niente più che volontà

vento a cui ti affidi per avanzare

ma che disperde e rende difficile da raccattare

lunedì 7 maggio 2012

acquiring the taste


Colpire. Picchiare più forte. Picchiare per primi. Il dolore del colpo subito non è contemplato. Perché non deve esserci un colpo subito. Se il tuo primo colpo non è andato a segno, anche il secondo deve essere il tuo, non dell’altro. E deve stendere. Riuscire dove il primo ha fallito. Perché se fallisce anche il secondo sei fottuto. Se fallisce anche il secondo non ne meriti un terzo. Se fallisce anche il secondo il sangue che cadrà a terra sarà il tuo. Colpire. Picchiare più forte. Picchiare per primi. Prenderci pian piano anche gusto. Il gusto di veder andar giù. Di veder cadere. Di avere ragione.


O di prendersela.


domenica 6 maggio 2012

take a walk

fatti un giro

funziona sempre

qualsiasi cosa tu stia pensando di fare

qualsiasi cosa ti tormenti

senza meta

da A a non importa dove, per poi ritornare ad A

camminare per camminare

camminare per non pensare

quando tornerai ad A non sarà cambiato niente

ma sarà tutto un po’ meglio

sabato 5 maggio 2012

black n° 6 [haiku]



ombrelli neri

              cercan svelto riparo.

    gocce d'autunno


venerdì 4 maggio 2012

sound of white noise

C’è poco da fare, è inutile parlare con toni pacati in mezzo ad una mandria di urlatori; non ti noteranno nemmeno.
E fino a lì pazienza. il problema è che se ti notano di sicuro lo faranno per aver scambiato cortesia, carattere, abitudine o anche educazione per debolezza. Non potrai mai essere notato come esempio di eloquenza, perché urlare è il modo giusto per esprimersi. Per loro.

Basta poco per farsi notare, l’importante è capire il pubblico a cui ti rivolgi.

Bisogna dunque solo urlare quando si è in mezzo agli urlatori?

No, ma c’è il rischio che le tue parole valgano meno di zero.
Per loro.

Che fare allora?

Una soluzione c’è: cambia pubblico.

Ma se non puoi?

Allora grida più forte degli altri.

Ma solo se ne vale la pena.

Altrimenti è fiato sprecato.

E diventeresti uno di loro.

E tu non vuoi essere uno di loro.

Non lo vuoi, vero?

giovedì 3 maggio 2012

the view from afar


Far da spettatore spesso non ti mette nei guai, ma quando nei guai ci sei già puoi star tranquillo che non aiuta per niente a togliertici


mercoledì 2 maggio 2012

merry-go-round

Stare seduti con le mani in tasca su una sedia girevole ti trascina in una dimensione strana. Sei tu a girare eppure è come se fosse tutto il resto a girarti attorno, come se fossi un sole Copernicano.
E il tuo sguardo cerca costantemente appigli su cui fissarsi, appigli che sfuggono all’occhio nel tempo di un batter di ciglia.
E quelle ciglia tu non vorresti mai batterle, le palbebre vorresti poterle comandare per impedirne la chiusura, perché ad ogni chiusura perdi la visione di una frazione di giro, e quel giro tu lo vuoi vedere tutto. E allora speri di poter rivedere al prossimo passaggio quello che ti sei perso, quello che magari adesso sta proprio dietro di te, cominci a girare un po’ il collo, a barare insomma, a far arrivare lo sguardo prima delle gambe, il corpo prima della sedia.

E ti rendi conto che l’impazienza è congenita.

Se non ce l’hai, resti fermo e aspetti che la sedia ritorni al punto che ti sei perso, perché sai che ci ripasserai.

Se ce l’hai mi dispiace per te, ma sei destinato a non goderti mai la corsa.

martedì 1 maggio 2012

the right way

Costringimi a fare qualcosa, e magari la farò

Ma non pretendere che mi piaccia pure

Chiedimelo in maniera umana

La faccio volentieri e chissà, magari mi piacerà pure

    Forse no in effetti

Ma c’è modo e modo

lunedì 30 aprile 2012

the constant reminder

Avete presente quando vi si incolla un pensiero in testa? Qualsiasi cosa facciate vi si para davanti, forte ed invadente come quando avete guardato troppo il sole e dovunque dirigiate lo sguardo lui è sempre lì, stampato sulla pupilla e non vuole saperne di andarsene. Blocca e rallenta tutto perchè una parte di voi, del vostro pensiero, è sempre e comunque rivolta a quel pensiero, e tutto si riconduce ad esso, come se niente fosse esistito prima e niente verrà dopo.
Vi segue come un cane non fedele ma affamato, bisognoso e vorace di attenzione, pronto a mordervi non appena provate a scordarvi di lui.
Ma non potete scordarvi di lui, perchè è lui che vi tiene al guinzaglio e vi strattona ad ogni vostro tentativo di fuga.
Provate a soffocarlo sotto montagne di cose da fare, anche inutili ma innalzate in priorità allo scopo di sommergere, sotterrare e perché no, uccidere quel pensiero.
Ma qui non è “a volte ritornano”.

No.

Perchè lui ritorna sempre.

E allora provate a dedicarvici. Lasciate stare tutto e mettetevici d’impegno. Magari lo liquiderete in cinque minuti, e allora vi renderete conto di come sia stato una pazzia il non averci pensato prima. Magari scoprirete invece che è un pensiero irrisolvibile, irrealizzabile, e sarete consapevoli che sì, ci avete provato, e piano piano, magari molto piano, comincerete a pensarci sempre meno per poi un giorno chissà, non pensarci più.

Forse.

Ma non evitatelo, dategli retta, perchè altrimenti vi perseguiterà in eterno.
E l’eternità è un periodo di tempo molto lungo da passare con un pensiero fisso in testa.

sabato 28 aprile 2012

venerdì 27 aprile 2012

go with the flow

come viale che fugge a perdita d'occhio
le foglie gialle e marroni adagiate sull'asfalto asciutto, smosse dal vento che fa risuonare le fronde degli alberi che corrono ai suoi lati riempiendo l'aria di fruscio solenne

come fiume che scorre tra campi e colline
che passa sotto ponti ed accoglie con indifferenza le prime gocce di pioggia di un temporale che da lontano che era, adesso incombe

come sabbia che accompagna il mare fianco con fianco
accarezzata e smossa dalle onde che invadono e si ritraggono, formano e spazzano, depositano e trascinano con sé oggetti come doni graditi o oggetti rubati

noi siamo in balìa
e prendiamo quello che viene.

giovedì 26 aprile 2012

the dam

è una bella giornata lì con il sole che riscalda il viso le spalle le mani sembra di essere in un limbo di benessere che non vuole mai finire qualsiasi cosa vedi senti odori sa di bello di buono niente si frappone tra te e le sensazioni le catturi tutte e ne esci più maturo e sazio e bello sembra come vivere in un no non è proprio un sogno è più uno stato onirico di nebbia che ti offusca la vista e ti cattura e ti solleva dall’intorpidimento che ti prende ogni qual volta metti piede dentro quello che continua ogni giorno ad essere realtà ad essere oggi ad essere sempre lo stesso corre rasente il da fare quotidiano e lo accompagna mano nella mano rendendolo più lieve più semplice più

poi finisce

di colpo senza preavviso senza darti il tempo di goderne di renderti conto che potrebbe finire di abituarti all’idea che potrebbe smettere di essere una bella giornata passa e porta via tutto come un panno asciutto su un tavolo impolverato lascia solo qualche rimasuglio che resta lì a farti ricordare com’è stato e come sarebbe potuto essere e invece ha smesso di durare di far bello di esistere magari più tardi torna ad essere bello magari domani magari invece magari no magari non cambia più perché quando ci sei dentro al brutto sembra non finire mai e il bello sembra irraggiungibile anche se chissà forse la luce che si vede dall’altro lato del tunnel non è solo un altro treno ed in ogni caso non puoi far altro che andare avanti e sperare che più tardi domani chissà quando torni ad essere bello.

mercoledì 25 aprile 2012

in memory

E chi se lo aspettava?
Ci metti una vita a farti delle convinzioni, delle opinioni su fatti, persone, luoghi. Passi giorni interi a chiederti se quel dato avvenimento capitatoti sia stato un bene o un male; se puoi piazzarlo al sole per poterlo cogliere meglio nel ricordo, o se è meglio lasciarlo riempire di ragnatele sotto qualche scala lì, al buio.
Passi anni a cercare di capire persone che non sai, non riesci a catalogare. Passi anni a difendere il tuo credo, a sostenere la tua verità, convinto che sia la sola. Litighi con gli altri per tutto questo, perché sai in cuor tuo di possedere la verità assoluta su quello in cui credi, mentre gli altri sbagliano, fallano, errano, si insomma… sono degli imbecilli che non vedrebbero la verità nemmeno se gli passasse davanti vestita di rosso in un campo innevato.

Poi la verità - quella vera - arriva

E tu non hai capito niente.

Viene fuori che su una certa persona avevi proprio sbagliato di tanto il tuo giudizio. Viene fuori che la dinamica di un certo avvenimento sei stato tu a costruirtela pian piano, con le tue convinzioni. Viene fuori che, semplicemente, non è sempre vero e giusto quello che pensi.  
Sbagliamo dunque a sostenere le nostre posizioni? Sbagliamo ad insistere sulle nostre verità? Sbagliamo a cementare delle convinzioni senza avere la certezza dell’oggettività del giudizio?
 
No. Decisamente no.
 
Perché farsi delle opinioni non è reato. Difenderle non è peccato. Modificarle è lecito. E, per quanto banale sia, errarle è umano.
 
E poi dopotutto, a pensarci bene, a volte non sei tu a sbagliare.
A volte sono le persone che cambiano. Un giorno sono da ammirare, il giorno dopo nemmeno le riconosci più.
E se a volte renderti conto che hai sbagliato giudizio ti rende felice perché, come ho già detto, “e chi se lo aspettava?”, altre volte beh… fa proprio male.

Non potrai mai sapere tutto di una persona, di un fatto, di un luogo. Ma certe volte è meglio restare nell’ignoranza, perché non è sempre la verità ciò che vuoi sentirti dire.

martedì 24 aprile 2012

when i'm 64

Me lo dicono spesso di crescere.

Ma non è quello che faccio ogni giorno?

Non è quello che tutti facciamo ogni giorno?

Cresciamo continuamente, e non è solo il tempo che ci fa crescere. Sono gli altri, sono i fatti, sono le situazioni, sono gli imprevisti, sono le opportunità, siamo noi stessi a farci crescere.

Sì, crescere.

Perché fino a 70 anni si cresce.


Poi si invecchia.

lunedì 23 aprile 2012

hunter hunted

Capita che ti fissi con una certa persona. Qualcuno che non conosci ma che vedi ogni giorno, magari perché lo incroci sulla via di casa. Non sai perché ti ha colpito, non ha nemmeno un segno particolare in viso o nel corpo, o financo nell’incedere ma tu ti ci fissi lo stesso. Chi è? Dove va? Cosa fa per vivere?
Ma poi perché vuoi saperlo? Sei sicuro che se avessi le risposte alle domande che ti fai su di lui perderebbe qualsiasi motivo d’interesse. E allora continui a guardarlo di sottecchi, facendo attenzione a non farti scoprire mentre lo segui con lo sguardo, cercando nella sua figura il motivo della tua curiosità.
Capita che magari qualche giorno tu non lo incroci, non lo veda neanche di sfuggita, e allora il mondo diventa sbagliato, perché non c’è lui, e se non c’è lui chissà quante altre cose potrebbero non esserci più, e forse lui non c’è perché non vuole più esserci, forse ha cambiato strada, o forse ha cambiato vita, o forse una vita nemmeno ce l’ha più.
Capita che il giorno dopo riappaia, ed il mondo ritorna al suo posto, perché se c’è lui c’è anche tutto il resto. Però oggi c’è qualcosa di diverso, che non riesci a definire.
E c’è pure l’indomani. Ed anche il giorno dopo. E tu non capisci cos’è.
Capita che un giorno, mentre tu lo guardi come sempre, lui ti restituisca lo sguardo, ed allora capisci.

Capisci che la certa persona potresti essere anche tu.

domenica 22 aprile 2012

towards the sun

Oggi ho voglia di prendere l’auto. Guidare fino a quando le macchine che ti vengono incontro non accendono i fari, cercare il sole che comincia a scendere sull’orizzonte e puntare la macchina verso di lui, lasciando il pedale dell’acceleratore a metà, perchè è inutile correre, tanto non ci arriverò mai a prenderlo prima che scompaia dietro le montagne. E allora con calma, con il tempo che vuoi, guardando l’asfalto che da chiaro diventa man mano sempre più scuro, guardando il panorama ai lati della strada diventare sempre più buio e notare le prime luci accese nei casolari lontani, notare le ombre che passano tra i campi e rendersi conto che sono alberi, notare che non esistono più cielo e nuvole, ma solo nero e stelle.

E non c’è luna.

Non so, forse è dietro di me, forse andavo verso il sole per scappare dalla luna. Non ne ho paura, ma oggi non mi va di vederla, eppure per tornare indietro devo per forza girare l’auto e puntarle contro i fari; chissà, magari si mette paura e scappa, o magari come i conigli accecati resta immobile di fronte a me e non mi resterà altro da fare che andarle incontro.
Ma oggi non mi va di vederla.

E poi, perchè dovrei voler tornare indietro? Il sole è più avanti. C’è, non lo vedo, ma so che c’è, è sparito lì dietro, magari se accelero un po’ lo prendo. E faccio meglio a sbrigarmi, altrimenti domattina sarà lui a prendere me, scacciando la luna ed apparendomi dietro.

Meglio sbrigarsi allora.

sabato 21 aprile 2012

black n° 4 [haiku]



e dolce soffio

   portò polvere lieve

            su nero marmo

venerdì 20 aprile 2012

let me live

Lasciami fare. Ho tutto quello che mi serve, so cosa devo fare e so anche dove mettere le mani, perciò tirati indietro e lasciami fare. Lascia che io faccia quello per cui sono nato, pagato o portato a fare. Lasciamelo fare in pace, non chiedermi ad ogni singolo passo quanto manchi oppure se ho finito o meno, non aiuta certo a sbrigarsi o a fare meglio; anzi, ti consiglio di smetterla di starmi dietro come un avvoltoio che aspetta una mossa falsa per beccarmi sul collo, perchè mi rende nervoso e non fa che rallentare il processo.
Involontariamente perché mette addosso pressione.
Volontariamente perché mi fa incazzare.
E tu non mi vuoi incazzato. Lo so.
Tu non lo sai ma lo so io.
Credimi, tu non mi vuoi incazzato.

Perciò togli il tuo fiato dal mio collo e lasciami fare.

Lascia che sbrighi le tue cose futili o indispensabili, le tue cose utili ed inutili, le tue cose imminenti o procrastinabili ma chissà perché, da fare sempre subito. Lascia che abbia la calma per pensare, la tranquillità per svolgere e la serenità per controllare.
Lascia che finisca di fare le tue cose con i miei tempi.
Lascia che lo faccia in quell’arco di tempo in cui a te non riuscirebbe nemmeno di cominciare a farle.

E poi togliti dalle palle.

Ho da fare le mie di cose.

giovedì 19 aprile 2012

inhale/exhale

Sospiro.

Il momento tra l’inspirare e l’espirare.

Quell’attimo in cui trattieni il fiato.

Tutto si ferma.

Tutto muore, ma solo per un attimo.

Tutto vive, ma solo per un attimo.

Tutto è uguale a prima.

Eppure, quando lasci andare il fiato, tutto è un po’ migliore.

mercoledì 18 aprile 2012

brand new start

A volte arrivi al punto in cui ti accorgi di esserti spinto troppo avanti.

è il punto in cui sei talmente ad ovest da cominciare a trovarti ad est.

è il punto che avevi preso come limite e che adesso è diventato la nuova partenza.

è il punto che avevi paura a raggiungere e adesso hai paura a lasciare.

è il punto che credevi non potesse arrivare mai e che ora non credi possa sparire più.

è il punto a cui fino ad ora guardavi ed a cui ora volti le spalle.

è il punto in cui tutto quello che c'è stato non serve più, e conta solo il dopo.

e il dopo è sempre un altro punto.

martedì 17 aprile 2012

fabric

fitto
intersecato
fitto
intersecato
pieno
fitto
intersecato
pieno
fittofittofittointersecatopienofittofittopienofitto
ma qualche buco resta lo stesso. Lo spazio per qualcos’altro si trova sempre, basta dare un po’ di gomito. Lo si cerca con affanno quando ci vuoi far entrare qualcosa; lo si cerca a malincuore quando ci devi far entrare qualcosa. Ma in ogni caso lo trovi sempre, per quanto fittointersecatopieno il tessuto del da fare sia.

Che sia elastico però, ed adattabile alla tua pelle. Che non sia cedevole e resti pieno di buchi.

A cercare spazio in una trama fitta ci si riesce sempre, anche con difficoltà a volte, ma è comunque sempre possibile.

Per chiudere gli spazi di una trama invece c’è solo una soluzione: cucire.
E l’ago fa male.

Sempre.

lunedì 16 aprile 2012

the real me

Qual è la vera realtà?
Quella che vediamo dentro lo specchio?
Non dovrebbe essere il suo inverso quella lì?
O forse è proprio tutto quello che c’è dall’altra parte ad essere la verità?

Fa paura lo specchio
ci buttiamo dentro quello che vorremmo vedere e ci restituisce indietro quello che in effetti è.

Fa paura lo specchio
sappiamo che riflette l’inverso e, nonostante ciò, quello che si vede dall’altra parte è esatto, è giusto.

Ipnotizza lo specchio
ti prende e ti fa notare quello che non vuoi vedere
Ipnotizza lo specchio
riesce a farti perdere dentro i tuoi stessi occhi

Tu lo guardi, lui ti vede
Tu lo ragioni, lui ti riflette
Tu sai di esserci ma finché non ti specchi non puoi esserne sicuro, lui c’è anche se non ti ci metti davanti

Lui è me ma non lo è.

Quello non sono io, o sì?

Specchio specchio delle mie brame
chi dei due me è il reale?

domenica 15 aprile 2012

a lesson in dignity

I soldi non possono comprare la dignità

possono benissimo toglierla però

sabato 14 aprile 2012

black n° 3 [haiku]



chiudersi dentro

               sa di buio profondo.
              
                    meglio sparire



venerdì 13 aprile 2012

built to last

Costruire e distruggere. Ci vuole tanto a fare la prima cosa, ed un attimo a fare la seconda. Anzi, tante volte per ottenere la seconda cosa tu non devi fare proprio niente. Succede e basta. E tu non ci puoi fare niente.
Devi pensarci prima. Devi farci un muro attorno, perchè non importa quanto sia forte la cosa che costruisci, c’è sempre qualcosa che può distruggerla in un niente. E allora devi pensare a come proteggerla, a come renderla inattaccabile, a come farla perennemente tua.
E passi giorni mesi anni a costruirci attorno un muro, una trincea, un ponte levatoio, un campo minato, un altro muro per buona misura.
E magari fai pure un buon lavoro.
E forse non verrà mai nessuno a disturbare quello che hai costruito, e ti sembrerà di aver perso tempo a difendere, a proteggere.

Però tu sai che potrebbe.


Ma tu hai costruito perché durasse.



Ed il tempo impiegato per difendere non è mai tempo perso.

giovedì 12 aprile 2012

rearviewmirror


non è un male guardarsi indietro ogni tanto

l’importante è non continuare ad andare avanti mentre lo si fa

si rischiano solo brutte botte


mercoledì 11 aprile 2012

filling holes with holes

Quando c’è da essere occupati - occupati in faccende che non ci si sceglie da sé bensì in faccende che scelgono te - sono sempre il primo della fila... faccio tutto quello che ho da fare ma potendo scegliere cosa fare non farei mai quello che faccio.
Per quello il tempo c’è. Sempre.

Manca per quello che vorrei fare. Manca sempre per quello lì.
Inutile ritagliare spazi, spintonare tra un dovere e l’altro, lo spazio per le cose che vuoi fare è sempre troppo stretto. Forse lo sarebbe anche se potessi scegliere quanto averne a disposizione, perché questo aumenterebbe la voglia di fare le cose che vuoi fare, ed il tempo e lo spazio per poterle fare in calma pace tranquillità.

Avere limiti al proprio “vorrei fare”. Averli imposti.

Dare limiti al proprio “vorrei fare”. Imporseli.

Va bene uguale.

Quello che conta è averlo, un “vorrei fare” da poter infilare da qualche parte.

martedì 10 aprile 2012

maybe

Il cielo è grigio oggi. Grigio come me. Forse è grigio perchè IO sono grigio. Viene da chiedersi se sarebbe stato grigio se io fossi stato di un altro colore, ma questa è una delle cose che non potrò mai sapere.
Sta tornando chiaro mentre sono qui che scrivo. Forse sta tornando chiaro proprio perché sto scrivendo, ma questa è una delle cose che non potrò mai sapere.
C’è una campana che suona mentre scrivo, e forse suona proprio perchè scrivo, ma questa è una delle cose che non potrò mai sapere. Adesso ha smesso, ma forse ha smesso perchè ho smesso di scrivere, infatti adesso ha ricominciato.
Ogni volta che mi giro e guardo fuori, le auto sono ferme in fila. Magari camminano mentre non le guardo perchè sto scrivendo, e magari camminano proprio perchè sto scrivendo, e quando smetto e le guardo loro sono sempre ferme.
Io intanto sono sempre grigio, ma un po’ meno. E pure il cielo è grigio ma ogni volta che guardo fuori lo è un po’ meno. E stavolta mi è pure sembrato di veder muovere un’auto; forse non è vero, ma l’ho proprio vista muoversi.
La campana non suona più, eppure io sto scrivendo.
Il riflesso del sole nel cielo mi arriva sempre più forte attraverso la finestra; “bella forza” direte voi “stai scrivendo”, eppure prima mi sono fermato un attimo, ed il cielo ha continuato a schiarirsi lo stesso. E pure io. E se guardo fuori adesso le auto si muovono anche se io non le guardo.
Forse avevo torto.
Forse io ero grigio perché il cielo era grigio, e non il contrario.
Forse io non mi muovevo perchè le auto non si muovevano.
E forse alle campane non interessa che io sia grigio o meno, o che mi muova o no; loro suonano lo stesso.
Tutto questo io non lo potrò mai sapere, ma non sono poi così convinto di volerlo sapere, a dire la verità.
 

O forse sì?


lunedì 9 aprile 2012

it's late

Sbrigati corri vestiti oddio è tardi e devo ancora uscire di casa cazzo ho dimenticato di chiudere il gas che poi non lo chiudo mai chissà perchè mi è venuto in mente adesso le scarpe dove sono le scarpe cretino sono dove sono sempre state nella scarpiera quali prendo forse piove e se mi bagno meglio prendere anche l’ombrello che ovviamente non trovo ho spento tutto sì no la luce del bagno ok usciamo chiudi la porta chiama l’ascensore cazzo quanto ci mette a salire tre piani oh finalmente cazzo quanto ci mette a scendere tre piani esco fuori ecco lo sapevo altro che pioggia qua è uscito pure il sole pazienza mi porto appresso l’ombrello e lo lascio in macchina ecco la macchina prendi le chiavi buongiorno signora prendi le chiavi occhio alla merda maledetti cani pardon maledetti padroni dei cani prendi le chiavi...






Cazzo le chiavi!


domenica 8 aprile 2012

nomeansno

ho detto no

e quando è no è no

non è sì

non è forse

e neppure probabilmente no

è solo no

è la prima cosa che impari a dire dopo “mamma”

è il primo segno di consapevolezza che acquisisci quando sei ancora un bimbo

è probabilmente la parola che dirai più spesso in tutta la tua vita

e allora

perchè non lo capisci?

ho detto no

no

sabato 7 aprile 2012

black n° 2 [haiku]



era quieta lì

      adesso muore sola,

                  nera tenebra

venerdì 6 aprile 2012

fast forward



Oggi non c’è niente dentro.

Capita.

E quando capita bisogna solo andare avanti ed aspettare che passi.




Andiamo avanti.

giovedì 5 aprile 2012

you don't fool me

Essere stanchi non è una condizione tangibile. Non puoi dimostrare in maniera materiale a qualcuno che sei stanco, l’altro deve per forza soltanto crederci, perché tu non puoi provarglielo.
Potresti metterti a correre per fargli vedere che non hai lo scatto di quando sei riposato, ma
   1. anche no
   2. ti prenderebbero per pazzo
   3. credo che all’altro, alla fin fine, non gliene possa poi fregare di meno

Già, perché la tua stanchezza non è una giustificazione, non vale come alibi nel momento in cui qualcosa va storto o non come previsto. “Ero stanco” non funziona come rimedio anzi, se possibile è pure un’aggravante.

E allora?

E allora la stanchezza è meglio tenersela per sé, è meglio andare avanti e far finta che non esista, è meglio darsi due schiaffi per carburare un attimo, e ripetersi come un mantra come sto facendo io adesso: “non sono stanco, non sono stanco, non sono stanco, non sono stanco, non sono stanco...”

Ma mi sa che non sono così facile da imbrogliare, non ci sto credendo nemmeno un po’.

mercoledì 4 aprile 2012

put the blame on me

È in testa che nascono le idee. È in testa che muoiono le speranze ed i progetti. È in testa che appaiono convinzioni e miraggi. È in testa che succedono sogni e vivono desideri.

Una volta fuori dalla testa diventa poi questione di noi, di cause e di colpe.

Sviluppiamo noi le nostre idee. Vogliamo e dobbiamo farlo, perché nessuno viene a svolgerci il compitino. Non gratis, perlomeno.

Chi ci uccide le speranze ed i progetti? Non è detto che non sia colpa nostra. C’è da guardarsi bene allo specchio e dirsi in faccia che no, non siamo stati noi. E poi bisogna farlo di nuovo, così, per maggior sicurezza, per essere sicuri di non prendersi in giro, perché è sempre facile puntare il dito.

Siamo tutti colpevoli invece. Delle nostre convinzioni e dei nostri miraggi. Ma questa è una colpa di cui andare fieri, perché quelle due paroline lì fanno guardare avanti con speranza ed animo, e servono a far sviluppare in testa – sì, sempre lì – i sogni ed i desideri.

E di quelli ci si vive.

E ci si muore.

In ogni caso con quelli ci si va avanti.

Basta metterci testa.

martedì 3 aprile 2012

you and your friend

Se a casa hai qualcuno a farti compagnia va bene.

Se non c’è nessuno ma ti resta ancora un libro da leggere, va bene uguale.

Se non hai più nessun libro da leggere ma hai un bicchiere pieno va bene uguale.

Se i bicchieri cominciano a diventare tanti, va sempre bene ma un po’ meno.

Se non hai niente di tutto questo, e l’unica cosa che senti è l’orologio che con il suo tic tac riempie il silenzio di casa facendoti notare ad ogni secondo che sei solo (tic) non hai nessuno con cui parlare (tac) non hai niente da leggere o non ne hai voglia (tic) di bicchieri da svuotare invece voglia ne hai tanta (tac) beh, allora questo non va bene.

No no.

Se siete rimasti soltanto tu ed il tic tac non va per niente bene.

lunedì 2 aprile 2012

truth stains

La verità macchia. Ed è una macchia che non va via. Proprio per niente. Magari provi ad evitare di guardarla, ma la macchia c’è lo stesso, non sparisce se sparisce il tuo sguardo su di lei, non sparisce nemmeno se sparisci tu. Lei no, lei resta come marchio che segna l’essere, come fato che non si può evitare di avere.

Si espande, come inchiostro su seta, fino ad impregnare il velo che avevi modellato sulla tua parvenza di realtà, che in comune con la verità ha solo la rima. Non ne prende il posto, ma ne cambia il sembiante, non ne muta la forma, ma ne illumina i tratti.
E può glorificare o svilire, esaltare o annichilire.

Forse per questo della verità ne si cerca solo mezza, perché la seconda metà macchia più della prima. Macchia definitivamente e non vuole proprio saperne di andar via.

E quando la macchia non va via o butti tutto o ci convivi.

E quando ci convivi o ti ci abitui o ne vieni sopraffatto.

E quando ne vieni sopraffatto o lotti per riemergere o ti lasci trascinare giù e getti la spugna.

E quando getti la spugna non puoi proprio più lavar via la macchia.

Ah già, quella non va via comunque.
Non importa, la spugna in ogni caso io non la getto, magari non pulisce, ma di sicuro tiene bene a galla.

domenica 1 aprile 2012

feel the need

Entra ed esce come ago in tessuto, penetra senza strappare. Come pietra in acqua affonda ma senza turbare la superficie. E diventa parte della trama, parte del fondale, parte del tutto.

Sa di aria che respiri ma che non senti, sa di inchiostro che traccia ma non piega, sa di vita che passa e non vivi.

È cosa vitale ma di cui non ti accorgi quando arriva o va via.

É cosa che non ho ancora ben chiaro cosa sia, ma di cui ho bisogno.

sabato 31 marzo 2012

black n°1 [haiku]



freddo di valle

         chiamò notte, e notte

                    fu che s'adagiò

venerdì 30 marzo 2012

a thing of beauty

Oggi il mondo è bello.
Forse era bello anche ieri, ma non me lo ricordo così bello.
Eppure ieri non c’era nebbia, e oggi sì.

La gente sembra più bella oggi.
Molte facce sono le stesse di ieri, ma non me le ricordo così belle.
Eppure ieri non si lamentavano della nebbia, e oggi sì.

Oggi è tutto bello.
Niente di diverso da ieri, ma ieri non me lo ricordo così bello.
Eppure ieri non lo so, ma oggi sì.

Ieri era uguale ad oggi. Poi è successo.

Ogni tanto succede.

Qualcosa di bello.

E anche oggi diventa bello.

giovedì 29 marzo 2012

walking by myself

Cammino per strada e vedo la gente sorridersi. Non sorridono a me ma non è un problema, nemmeno io sorrido a loro. Io passo e basta.

Passano le auto ed i guidatori dietro i finestrini parlano con chi sta accanto o dietro a loro. Chi è da solo parla al cellulare, forse con qualcuno che in questo momento è dentro qualche altra auto. Di sicuro non sono io. Io passo e basta.

Arrivo ad un incrocio ed il semaforo è rosso. Mi fermo ad aspettare, e non c’è nessuno dal mio lato. Dall’altro ci sono due anziani che si salutano stringendosi la mano e chiamando ad alta voce qualcuno che viene verso di loro dall’altro lato della strada - il mio lato - mentre il semaforo diventa verde. Non sono io.

Io passo.

E basta.

mercoledì 28 marzo 2012

since I don't have you

Riprendersi gli spazi, come riavere indietro qualcosa che si è prestato. Respirarci dentro, quello spazio; come sfogliare nuovamente tra le mani un libro dato e riavuto dopo anni. Cercare con lo sguardo, con la sensazione, una violazione qualsiasi di ciò che hai riottenuto; come esaminare il riottenuto in cerca di un danno, anche microscopico.


E dopo di ciò, ripossederlo. Riaverlo tutto per sè. Non proprio come la prima volta - questo no - perchè ormai conosci ogni angolo di quello spazio – e lo spazio non si riscopre -, ma poterci fare tutto quello che vuoi perchè è tuo, e magari proprio per questo lasciarlo così com’è, perchè nessuno ti dice cosa farci o come farcelo.


Tornare bambini per il tempo necessario a ribadire che “è mio!”


E no, non te lo do.

martedì 27 marzo 2012

to give up

ci stavo provando.

Mi ero messo in testa di scrivere una sorta di libro di pensieri. Un pensiero al giorno, per un anno. 365 mood insomma.

Il fatto è che non si può. O meglio, io non può. Da un lato perchè non capita sempre che abbia il tempo di dedicare la mia mente ad un pensiero (e capita, non ditemi di no); dall'altro perchè mi sono accorto che forzarsi a pensare sempre a qualcosa di diverso ogni giorno va a discapito della profondità e della qualità.

Passo, dunque. Ma quello che ho scritto lo metto qui.

Lo pubblicherò all'ora del tè, ore 17:00 ovviamente.

Sono più o meno una quarantina di pensieri, lunghi e brevi; quindi fino a metà Maggio siamo (siete) a posto.

A domani dunque.

sabato 28 gennaio 2012

Le regole degli uomini

Eh sì, perchè qui si è pieni di regole da rispettare per non urtare il gentil sesso, ma a noi pover'uomini chi ci pensa?

Queste sono le NOSTRE regole.

E sì, sono tutte regole N°1!



1. Gli uomini NON leggono nel pensiero.

1. Suvvia, imparate ad usare la tavoletta del bagno, siete donne adulte. Se è su, mettetela giù. A noi serve su, a voi giù. Noi non ci lamentiamo quando voi la lasciate abbassata.

1. Il calcio la domenica è come la luna piena o le maree. Lasciate che succeda.

1. Piangere = Ricattare.

1. Vuoi qualcosa? CHIEDI.
Chiariamo il concetto:
gli indizi appena accennati non funzionano!
gli indizi chiari non funzionano!
gli indizi ovvi non funzionano!
Chiedi e basta!

1. "sì" e "no" sono risposte perfettamente accettabili per quasi ogni domanda.

1. Vieni da noi con un problema SOLO se vuoi essere aiutata a risolverlo. Questo possiamo farlo.
Per la comprensione ci sono le amiche.

1. Tutto quello che noi possiamo aver detto 6 mesi fa è inammissibile in una lite.
In effetti, qualsiasi nostro commento non ha più valore dopo 7 giorni.


1. Se pensate di essere grasse, probabilmente lo siete.
Quindi, non chiedete.

1. Se qualcosa che abbiamo detto può essere interpretato in due modi, e uno dei due modi vi intristisce o vi fa arrabbiare, noi intendevamo L'ALTRO modo.

1. Potete O chiederci di far qualcosa O dirci come farla.
Non entrambe le cose.
Se poi sapete già come farla meglio, fatevela da sole.

1. Quando possibile, dite quello che avete da dire durante la pubblicità.

1. Cristoforo Colombo non aveva bisogno di indicazioni, e neppure noi.

1. TUTTI gli uomini vedono in 16 colori, proprio come in Windows 95.
"Pesca" per esempio è un frutto, NON un colore. "Melanzana" idem. Non abbiamo nemmeno idea di cosa sia l'indaco.

1. Se vi chiediamo cosa c'è che non va e voi rispondete "niente", noi ci comporteremo come se non ci fosse niente che non va.
Noi sappiamo che mentite, ma così facendo ci evitiamo la seccatura.

1. Se ci fate una domanda di cui non volete sapere una risposta, aspettatevi una risposta che non volete sentire.

1. Quando noi uomini dobbiamo andare da qualche parte, qualsiasi cosa indossiate va bene ...PER DAVVERO.

1. Non chiedeteci a cosa stiamo pensando, a meno che non vogliate iniziare una discussione su: calcio, cibo o qualsiasi cosa abbia le ruote.

1. Avete abbastanza vestiti.

1. Avete troppe scarpe.

1. Io SONO in forma. Rotondo è una forma.

1. Grazie per aver letto tutto.
Sì lo so, dormirò sul divano stanotte per questo.

Ma a noi uomini non interessa, è come stare in campeggio!



P.S.: L'originale non è mio, mi sono semplicemente limitato a tradurre dall'inglese (e personalizzarlo un po'). Per chi avesse voglia di leggerlo in lingua originale, andate QUI.

martedì 3 gennaio 2012

The post war dream


L’ordine è relativo.

Voglio dire, una frase come “mettere in ordine” ha realmente senso?
“mettere in ordine” secondo quali criteri?

Chi non ha avuto la mamma che gli imponeva di rimettere in ordine la stanza? il problema era che per me la stanza era in ordine. Non è stato facile farglielo capire, ma in seguito mi ha fortunatamente sempre lasciato avere il mio, di ordine.
Col tempo magari si comincia a fare qualche concessione all’ordine come lo intendeva mammà, ma l’autoregolamentazione è un concetto importante per un bambino, lo aiuta a capire e crearsi il proprio spazio.
Peccato che col tempo molti adulti questo concetto lo perdano in favore di un più deleterio “a cazzo di cane basta che sta bene a me e se mi prendo oltre al mio anche lo spazio tuo e di tutta la tua settima generazione me ne fotto”.

Ecco.

Ho sognato di aver ordinato secondo il mio concetto di ordine tutto, ma proprio tutto il mondo: oggetti, animali, vegetazione, persone, città, persino mari e monti.
Alla fine andava bene solo a me, perciò ho lasciato perdere.

Fate come volete allora, basta che mi lasciate il mio spazio da riordinare.


L’ordine soggettivo è sacro ed intoccabile.

L’ordine oggettivo è questionabile e volubile ma suvvia, siamo persone adulte e qualche concessione bisogna pur farla.

Aehm...

L’ordine mio è mio. Fuori dalle palle.