venerdì 22 luglio 2011

London by might | day 3

27 Giugno 2011

Sveglia alle 7:00 ma alle 6:30 eravamo già tutti in piedi, colazione con gli English breakfast che da 4 passano a 2 (le donne cedono al fascino ed alla normalità della colazione continentale) e via subito in metro destinazione St. John’s wood per un’altra tappa del mio music tour.
Amara sorpresa, e brusco ritorno alla realtà: è lunedì, e la relativa calma e desolazione in metro dei due giorni precedenti sparisce tornando ad un ben più veritiero e normale sardina-style... ma mica potevamo pretendere la metro solo per noi eh!

Usciti dalla stazione, per arrivare a destinazione camminiamo un po’ notando come il paesaggio sia diverso dalle zone centrali; qui è pieno di villette singole e viali alberati, e la zona è decisamente più tranquilla rispetto a tutte le altre dove siamo state finora.

Giriamo l’angolo ed eccola lì, Abbey Road in tutto il suo splendore, con tanto di strisce pedonali ed Abbey Road studios!
Per quelli che sono stati sulla luna negli ultimi 50 anni, le strisce pedonali di questa via sono famosissime per essere state immortalate nella copertina dell’album “Abbey Road” (toh!) dei Beatles, con sopra i Fab 4 che le attraversano. Potevo quindi perdermi l’occasione? NO! E quindi vai di foto mentre anche io attraverso! Certo, avrei dovuto farla scalza – come Paul McCartney nella suddetta copertina – ma va bene anche così.
La via non è molto frequentata, anche se il passaggio di auto è abbastanza frequente, ed in generale è una via come le altre, come se ne trovano migliaia a Londra... solo che NON è una via come le altre manco per niente! Attraversando quelle strisce si ha come una sensazione diversa, la sensazione di passeggiare nella storia (un po’ come se potessi attraversare il Rubicone insomma)...
magari era tutto una mia sensazione, ma sono sicuro di no!
Accanto alle strisce ci sono gli studios, dove Beatles e centinaia di altri gruppi di fama mondiale hanno inciso i loro dischi più celebri. Lì c’è l’unica parete imbrattata che ho visto in tutta Londra, ma è assolutamente una cosa voluta. Chiunque passi di lì, fan o semplici curiosi, lascia una firma per testimoniare il proprio passaggio. Lascio a voi immaginare se io l’abbia fatto o meno.



dopo aver visto una bella chiesa battista lì accanto, e dopo aver incrociato un prete con carrozzina e bimbo dentro, torniamo in metro per andare alla seconda tappa storica della mattinata: Baker Street.
Due piccioni con una fava qui: il 221b, indirizzo di fantasia dell’appartamento di Sherlock Holmes ed ora sede del museo – e del negozio di memorabilia - dedicato all’investigatore, ed il 231/233 dove si trova l’Official Beatles Store.
Un cortesissimo e palesemente finto bobby (così sono chiamati i poliziotti Londinesi) ci attende davanti l'entrata del museo con cappello e pipa da Sherlock e cappello da Holmes da indossare per la foto di rito davanti l'ingresso della casa museo. Dato che dopotutto il museo è una ricostruzione di un finto appartamento che non è mai realmente esistito, decidiamo di non entrare e di far tappa invece nel Beatles store – dove vanno via una quarantina di sterline - e di seguito nel più generico Rock store che si trova esattamente di fronte.
Effettuato il salasso finanziario (non senza una certa soddisfazione, dopotutto), torniamo indietro con la metro in Regent Street, dove stavolta troviamo Hamleys (e tutti gli altri negozi ovviamente) aperto già da un po'.

Non mi dilungo troppo, basti sapere che c'è un intero primo piano dedicato ai peluches, ci sono i commessi che giocano tranquillamente tra un cliente e l'altro, ce ne sono altri che offrono dimostrazioni gratuite dei giocattoli a bambini e grandi, ed in particolare ce n'era uno che per tutto il tempo della visita di un piano, ci seguiva guidando sopra le nostre teste un elicottero radiocomandato, pigliandoci pure un tantino per il culo, secondo me.
5 piani di sogni per grandi e bambini insomma, con attenzione particolare ad Harry Potter (l'ultimo film era lì lì per uscire quindi c'era una vetrina e mezzo piano dedicato solo a lui), ai Transformers (stesso motivo di Potter) ed al Mago di Oz, con figuranti in costume che accoglievano i clienti all'entrata. Insomma, non era Disneyland, ma indietro con gli anni lì dentro ci si torna ugualmente.

Per la prossima tappa, il British Museum, prendiamo la metro destinazione fermata di Tottenham Court Road; e qui faccio una gradita sorpresa al mio compagno di viaggio che come me adora i Queen: non appena usciti dalla metro ci si trova davanti il Dominion Theatre. Io lo sapevo ma non gli ho detto niente, quindi vedere la sua faccia non appena usciti in superficie ed essersi trovato di fronte il teatro dove da più di dieci anni viene messo in scena il musical “We will rock you” – e la statua enorme di Freddie Mercury che campeggia sopra l’entrata - è stata per me una delle soddisfazioni più grandi di tutto il viaggio. Dopo esserci morsi le mani per non poter assistere al musical (sempre causa tempi ristretti, ormai penso di averlo detto una ventina di volte), proseguiamo per il museo.

Ci arriviamo costeggiando vari negozi e negozietti, tra cui una libreria in cui servivano té, e ci troviamo davanti una facciata immensa, che non esagero a dire non entra neppure in due foto una accanto all’altra prese dalla massima distanza possibile.
Parlando di foto, prima di entrare ci imbattiamo in un gruppetto di monaci Buddisti in abito tradizionale arancio che cercano di entrare ma vengono prontamente bloccati ogni 2-3 metri da turisti che vogliono fotografarli. Loro fanno buon viso a cattivo gioco (anche perché erano circa le 13:00 e come potete immaginare la loro pelata non era esattamente adatta a stare sotto il sole cocente) e si mettono in posa, ed io ne approfitto per rubargli un po’ d’anima con la mia Kodak.
Anche qui vale quanto detto per il National Museum: troppo da vedere in troppo poco tempo, ci sarebbe da dedicarci almeno una settimana. Ce lo lasciamo alle spalle con gli occhi pieni di meraviglie delle epoche passate, dalle enormi statue egizie raffiguranti animali sacri e faraoni, agli orologi dai meccanismi più improbabili di metà ottocento, dalla Stele di Rosetta, veramente incredibile vista dal vivo, ad una facciata di un tempio Greco ricostruita per intero dentro una sala, dalle statue meravigliose originariamente poste all'ingresso superiore del Partenone, maestose e rifinite – anche dietro - come se dovessero essere viste da vicino e non solo dal basso e da lontano come da posa originaria, alle mummie ed ai sarcofagi perfettamente conservati arrivati a noi integri dopo più di duemila anni, dai monili in oro puro destinati a Re e Regine, agli scudi e le armature di soldati di tutte le epoche e civiltà.
Quello che più ci ha colpiti però è stata la presenza allegra ed interessata di decine di scolaresche di bimbi, in giro per le sale ma più spesso sedute a terra, matita e foglio alla mano, a disegnare e cercare di riprodurre statue, colonne e mosaici. Se mai dovessi trovare un'immagine per la parola cultura beh, immagino sarebbe questa.
All'interno del museo trovano spazio anche l'immancabile negozio di souvenir (più d'élite rispetto a quello del National però) ed un decisamente inaspettato ristorante a pianta circolare posizionato al centro di quella che sembra un'agorà all'interno delle quattro mura del museo stesso.
La vista del ristorante ci ricorda che a pranzo non abbiamo mangiato niente, quindi strada facendo ci fermiamo in un fast food a riposare gambe e riempire pancia.

Metro che ci porta a sud del Tamigi adesso, per poter attraversare a piedi il Tower Bridge.
Lungo il cammino che ci porta dalla metro al ponte abbiamo modo di guardare verso il lato nord e vedere la skyline della City che, in tutta onestà, stona un po' in mezzo a tutta la Storia (la S maiuscola non è messa a caso) che abbiamo visto e che circonda questi edifici.
Poco prima del ponte passiamo accanto alla HMS Belfast, grande nave da guerra della seconda guerra mondiale ormeggiata sul fiume e completamente visitabile. Non un filo di ruggine né di sporco, sembra appena uscita dal cantiere navale... e pronta a salpare.
Oltrepassata la nave veniamo presi un po' alla sprovvista da 4 gocce di pioggia che fortunatamente si rivelano essere proprio 4, mentre il profilo del Ponte di Londra si fa sempre più grande ad ogni nostro passo.
Cavoli se è grande! È già imperioso da lontano, ed attraversandolo lo diventa ancora di più. La commistione di pietra e ferro lo rende come un oggetto senza tempo, difficile da datare; a seconda di dove si posa lo sguardo, sembra costruito 300 anni fa oppure il mese scorso.
Si può visitare anche l'interno, ma la minaccia di pioggia ci fa desistere e dirigere lo sguardo dall'altro lato del ponte dove ci aspetta la Tower of London.
Il non averla visitata dentro resta il mio rammarico più grande di tutto il viaggio; anche questa è enorme ed avrebbe meritato magari non una settimana, ma di sicuro un giorno intero.
Già solo a guardarla ti restituisce la sensazione di Medioevo, di dame e cavalieri, cospirazioni e regni, tradimenti e rivolte, cavalli ed armature, assedi ed incendi, paglia e tavoli di legno. Figuriamoci visitarla che sensazioni e che visioni avrebbe portato.
La pietra bianca e beige delle sue mura ed il legno dei suoi ponti e passaggi interni ci accompagnano per tutta la lunghezza del suo perimetro che ci porta dritti dritti – dopo un bel po' di strada a piedi in verità - alla nostra prossima tappa, la cattedrale di St. Paul.

Ce la vediamo apparire alla nostra destra, e ad una prima occhiata è facile scambiare l’entrata laterale – che è quella che ci siamo trovati davanti – per l’entrata centrale, tale e tanta è la magnificenza che salta agli occhi. Giusto per far capire di cosa stiamo parlando, quanto a grandezza è seconda solo a S.Pietro a Roma.
Piccola parentesi, di fronte all’entrata laterale della cattedrale, seguendo la via che parte da lì, si arriva dritti dritti al Millennium Bridge, che si vede in lontananza e sembra veramente una grande altalena per adulti più che un ponte.
Dopo esserci accorti che quella che ci eravamo seduti ad ammirare era soltanto il lato sinistro della chiesa, proseguiamo per poterla ammirare dal davanti, e possibilmente da dentro.
Dal davanti è così (penso non servano parole):



Da dentro non lo so, dato che quel giorno era chiusa al pubblico, ma a quanto ne so ci siamo persi un gran bello spettacolo, ivi compreso il progetto in scala 1:24 interamente in legno che Wren (l’architetto che la progettò) realizzò per essere sottoposto ad approvazione, e che oggi si trova dentro la cripta.
Dopo aver fotografato una coppia di Giapponesi in abiti nuziali (penso fossero lì solo per le foto, dato che la cattedrale come ho detto era chiusa), proseguiamo a piedi in direzione di Temple Church.

Dopo esserci un po' persi, nonostante mappe e navigatori, all’interno della zona del Temple – una specie di complesso di edifici chiuso e poco frequentato sia da turisti che da pubblico in generale -, finalmente troviamo Temple Church, luogo dove sono seppellite le salme di nove cavalieri Templari, e tappa obbligata per chiunque sia anche minimamente affascinato dall’argomento.
Pensa un po’, è chiusa anche questa, ma guardando gli orari affissi scopriamo che il giorno dopo sarebbe stata aperta (dalle 14 alle 16, che orari del cacchio...), quindi a questo luogo diamo semplicemente un “a domani” e non un “arrivederci”.

Dalla fermata di Temple si arriva dritti dritti in 2-3 fermate a King's Cross, prossimo ed ultimo luogo del programma odierno. Passeggiando per lo Strand, nel tragitto che ci porta alla metro, poco dopo essere usciti dalla zona del Temple, ci imbattiamo nella Royal Courts of Justice, splendido edificio Gotico Vittoriano che sembra uscito da un romanzo di Stoker. Guardato a vista da un drago in ferro sul lato destro dell’entrata, attira a sé lo sguardo come se ci fosse solo lui, tanto è bello da vedere. Ed infatti ipnotizzati dalla sua vista ci perdiamo un luogo in cui fortunatamente ci imbatteremo l’indomani sulla via della seconda visita a Temple Church.

Cosa c'è a King's Cross di così importante? Beh, intanto è una gran bella stazione di per sé; per i fan sfegatati di Harry Potter come noi è però tappa obbligata, dato che è proprio da lì che parte il treno che porta ad Hogwarts, dal binario 9 e ¾ per l'esattezza!
Appena usciti dalla metro e girato l'angolo che porta all'ingresso della stazione cominciamo però a vedere qualcosa che non ci piace: transenne ed impalcature. Entriamo comunque, ed è qui che con sommo rammarico scopriamo che la stazione è in fase di pesanti ristrutturazioni che impediscono l'accesso alle piattaforme dalla 8 in poi... che sfiga!
Niente foto del binario dunque e neppure la soddisfazione di vedere una delle stazioni ferroviarie storiche di Londra, talmente tanto era nascosta da tubi, travi e cartelloni di lavori in corso.
Ci arrendiamo così alla stanchezza ed alla sfortuna e decidiamo di tornare in hotel.

Dopo una doccia veloce usciamo per andare a mangiare alla “Dickens Tavern”, un pub delizioso che si trova praticamente di fronte a dove abbiamo mangiato la sera prima.
Ieri pesce, oggi carne! Non usano pane se non crostini, in compenso ti riempiono di patate.
Il cibo è buono, l’ambiente è caratteristico, in TV passano immagini di Wimbledon (in quei giorni c’era il torneo), ci sono pure gli avventori che ci provano con la cameriera, non potevamo pretendere di meglio insomma!
Concludiamo con una bella passeggiata digestiva al fresco della sera Londinese, e tutti a letto con la stanchezza in corpo ed il desiderio che l’indomani arrivi il prima possibile.

London by might | day 4

1 commento:

Pseudo ha detto...

Really glad del souvenir beatlesiano che mi hai portato. Mi hai anche ricordato nostalgicamente che London l'abbiamo sorvolata tutta in attesa di scendere a Heathrow un bel po di anni fa e ricordoche la sensazione era abbastanza palpabile anche se era ovviamente un po' come vedere il plastico di Wren di St. Paul... Tutto troppo bello anche se in formato giocattolo... Il tower bridge... Sul tamigi....