sabato 21 maggio 2011

drowse


C’è un che di onirico nel sabato mattina. Nel mio sabato mattina quantomeno.

Il silenzio delle ventole dei pc, la gente che passa sotto la mia finestra, le auto che vanno e quelle che suonano da ferme (nonostante in una rotatoria tutto dovrebbe succedere tranne questo), la porta del bar accanto che si apre e si chiude ed emana stralci di conversazione nel migliore dei casi, odore di cipolla fritta nel peggiore (soprattutto se sono ancora le 9:30 del mattino).

C’è ancora la vetrina sporca dall’ultima pioggia di acqua e sabbia della settimana scorsa; ho provato a pulirla un paio di giorni fa, ma il sole sembra sempre sapere quando picchiare forte ed asciugare in un attimo la parte bagnata di vetro: esattamente quando dentro mi suona il telefono e devo rientrare per rispondere. Ecco, in quel momento lì esce sempre fuori il sole-di-Ferragosto™. Ragion per cui, mi tengo la vetrina sporca e bon.

Anche il telefono sembra volermi lasciare in pace durante i sabati mattina. Oggi non fa eccezione fortunatamente, e chissà che io non finisca di scrivere senza essere stato interrotto da squillo/scocciatore/calamitànaturaleacaso per una volta.

C’è Topolino alla mia destra. Beh no, non propriamente lui, non sono ancora così rincoglionito; c’è un cartellone di Eurodisney con Topolino a grandezza naturale (anche se un topo alto quanto me in teoria non è propriamente a grandezza naturale) che mi guarda e mi tende la mano come a dire “vieni che qui ti diverti”; bah, sarà l’apatia del non aver niente da fare, la voglia di arrivare al più presto all’orario in cui la mezza giornata di lavoro diventa la mezza giornata di riposo, sarà anche il fatto che poi alla fin fine Topolino mi sta pure abbastanza sulle palle, ma io a Disneyland adesso proprio non ci voglio andare, men che meno con lui.

E allora che faccio?

Niente. C’è tanta gente che lo fa per una vita intera, c’è tanta gente che lo fa tutti i sabati...

...ogni tanto fatelo fare pure a me.

lunedì 2 maggio 2011

Tales from the road



C'è una strada che mi attraversa, adesso. Mi parla senza aprir bocca, mi tocca senza nemmeno sfiorarmi. Mi chiama stupido, anche se non ha idea di chi io sia. Mi trascina come uno slide continuo di chitarre, chiedendomi di continuare a viaggiare. Ovunque.

No.

Non mi chiede di viaggiare. Mi dice semplicemente di andare, che qui non c'è posto per quelli come me. Mi si adagia sotto i piedi, perchè a lei piacciono i sognatori e, piaccia o no, lo sono e ne morirò, di questa malattia.
La strada è fatta per andare. Da A a chissà dove. Ma è la strada che importa, non il punto B. E allora mi apre la porta, quella che non vogliono tenermi aperta, quella che fa comodo che sia chiusa. E mi dice vieni, che qui è tutto tuo.

Mi chiede solo due monete. Per quando sarà buio. Per quando i grilli canteranno e prima o poi sarà ora di riposarsi.
Quanto a lungo non importa.
Magari giusto il tempo che faccia di nuovo giorno.
Magari giusto il tempo di capire.
Magari giusto il tempo di non capire affatto, ma alzarsi e proseguire ugualmente.
Magari il tempo di morire, 'che quelle due monete servano a pagarmi più di quanto tutte le banconote del mondo possano comprare.

...e poi mi lascia lì, sopra di lei. Perchè in fondo vuole questo. Che io SENTA. Che senta arrivare le sensazioni. A poco a poco, come strumenti che entrino l'uno dopo l'altro. Che senta quello che c'è a destra. E a sinistra.E davanti.
Soprattutto davanti, che dietro lo so già cosa c'è. Ed è da lì che vengo. Ed è da lì che voglio venir via. Mentre il davanti mi chiama, come una sirena che mi prende con la voce e mi impedisce di guardare altrove.

Ed io chi sono per resisterle?

Vado.



Ma che ve lo dico a fare?
Fatevi un favore: andate QUA e scaricatevi l'EP, che vien giù senza nemmeno bisogno delle 2 monete.
E come disse qualcuno che di viaggi se ne intendeva: "...e più non dimandare".